Ragazzi, oggi ho il grande piacere di intervistare Mariangela Tripaldi, psicologa e coach del lavoro, che gestisce il blog Coach Lavoro (che consiglio a tutti di leggere).
Durante l’intervista parliamo di questi argomenti:
- Il mercato del lavoro italiano, e come trovare lavoro durante la crisi.
- La differenza fra lavorare in proprio e da dipendente (e non è quello che ti aspetti).
- L’investimento che puoi fare oggi per avere una carriera stupefacente nei prossimi 10 anni.
- I falsi miti più dannosi ma diffusi che circolano su internet, quelle credenze sbagliate che ti fanno rimanere disoccupato.
- Il modo migliore che ha un giovane di farsi assumere anche quando è senza esperienza.
- Consigli pratici ed efficaci su come migliorare il tuo curriculum vitae da oggi.
- Una tecnica efficace per fare sempre un figurone al colloquio di lavoro.
Bene, come vedi la scaletta è molto densa e interessante…
Quindi lascio la parola a Mariangela. 🙂
(Nota: questa è un’intervista di Novembre 2014, ripubblicata nel 2021. Questi consigli sono ancora ugualmente validi)

Il manuale completo per trovare lavoro
Trova un lavoro ben retribuito in poco tempo grazie a questo manuale che ha già aiutato centinaia di persone.
Dall'autore bestseller #1 su Amazon nella categoria lavoro!
Ciao Mariangela e benvenuta. 🙂 Puoi parlarci un po’ di te, di quello che fai e della tua carriera?
Nasco come psicologa del lavoro, inizio facendo stage e tirocini all’interno di realtà multinazionali e nelle risorse umane. Qui ho la possibilità di vedere dall’interno com’è costituita un’azienda, come funziona, e come si svolgono i processi di selezione e assunzione.
Negli anni ho capito che uno strumento che avrebbe arricchito le mie competenze sarebbe stato il coaching, quindi ho iniziato a fare formazione con più professionisti per avere una formazione completa.
A un certo punto mi sono chiesta: adesso cosa faccio? Lì si sono unite le mie competenze di psicologia del lavoro, la mia conoscenza del mercato del lavoro e le mie capacità di coaching per offrire un servizio che sapevo non essere presente sul mercato, per aiutare le persone a fare due cose:
-
Capire che strada intraprendere, quindi orientarsi all’interno delle varie possibilità di lavoro.
-
Aiutare le persone nella ricerca del lavoro per massimizzare le loro possibilità di ottenere un’opportunità, o di crearsela in modo efficace e funzionale.
Parto nel 2009 con il mio sito Coach Lavoro, che in questi 5 anni è cresciuto insieme a me. Grazie allo studio ed esperienza con le persone si è arricchito di contenuti e si è avvicinato alle reali esigenze di chi cerca lavoro.
Le persone che si rivolgono a me sono varie: vanno dai giovani neolaureati fino agli over 50. Quindi o persone che partono ex novo, o persone che vogliono rinnovarsi perché non soddisfatte del loro ruolo, ma non sanno come valorizzare le loro competenze.
Un po’ come succede nel marketing, la difficoltà sta nel capire cosa differenzia e cosa dà il valore aggiunto. E se prima non lo capiamo noi, non possiamo comunicarlo efficacemente al datore.
Secondo te in Italia, oggi, è ancora possibile trovare un lavoro qualificante e ben pagato?
Bella domanda… Io direi, perché non dovrebbe essere possibile?
E ancora, c’è qualcuno che ce l’ha?
Se c’è anche solo una persona che ha un buon lavoro, allora è possibile. La risposta quindi è sì, e se non lo trovi lo crei. Io sono di questo avviso.
Questa è una mia convinzione: non credo che possiamo essere tutti imprenditori. Non è detto che tutti abbiano queste attitudini, non è detto che tutti abbiano quell’idea innovativa. Dall’altra parte, la maggior parte delle persone sottostimano le loro capacità, si fanno prendere dalle paure e si bloccano ancora prima di cominciare.
Anche se non voglio propormi come imprenditore, è fondamentale in questo periodo avere l’atteggiamento dell’imprenditoria e auto-proporsi sul mercato.
Quindi anche se non apro la mia attività, cosa che sarebbe consigliabile in questo momento perché il mercato si sta staccando dalle classiche forme di collaborazione fissa e strutturata, quando cerco lavoro devo pensarmi come imprenditore di me stesso.
Quindi hai una visione positiva sul lavoro da autonomo?
Assolutamente sì, ma attenzione. Sia il lavoro da autonomo che imprenditoriale ha due rischi: il primo è quello dell’esaltazione, ossia aprire un’azienda senza un’analisi di mercato e della fattibilità; il secondo è un blocco perché credo di non avere le competenze.
Quindi bisogna fare un po’ un lavoro di ricerca, per capire se è qualcosa per la quale ho le competenze. E il mio lavoro è anche aiutare le persone a farsi un’idea corretta delle loro possibilità imprenditoriali.
Se si prende consapevolezza di non avere le attitudini e le motivazioni per fare l’imprenditore o il freelance, nulla di grave! ci sono altre opportunità a cui puntare! Pensa a quanti imprenditori e professionisti hanno bisogno di validi e fidati collaboratori dipendenti.
A questo punto però non significa essere condannati a vita, anzi, imprenditori e professionisti hanno bisogno di validi e fidati collaboratori dipendenti: non dobbiamo per forza essere tutti freelance.
In entrambi i casi, sia che tu voglia avviare un’attività che essere assunto, devi avere un’atteggiamento imprenditoriale di promuoverti e renderti visibile senza aspettare la risposta agli annunci per ottenere il risultato sperato: non basta, e non conviene concentrarsi solo su questo.
È il famoso “marketing di sé stessi”, o “personal branding”. Devi capire chi sei, cosa puoi offrire sul mercato del lavoro, che immagine vuoi dare di te e comunicarla efficacemente. Bisogna rendersi visibili utilizzando tutto ciò che le reti offline e online ci consentono massimizzandole il più possibile, per farci intercettare dalle possibilità.
Se capisci di poter offrire un valore come collaboratore dell’imprenditore, sei in una posizione fantastica. Serviranno sempre i dipendenti validi.
Trovare lavoro come dipendente o crearselo come professionista non è alla fine molto diverso. Io mi diverto spesso con i clienti che mi chiamano e hanno un lavoro nell’ambito vendite o marketing, perché di solito dopo che mi faccio descrivere cosa fanno per la loro attività lo confronto con quello che stanno facendo per cercare lavoro.
È immediato capire come seguono due processi completamente diversi, seguendo logiche opposte. Facendoli ragionare un attimo capiscono che devono pensarsi come un’azienda che sta cercando clienti, non come un cercatore che risponde semplicemente a ogni annuncio o va all’agenzia del lavoro di turno.
La logica è la stessa: come tu vai a cercare nuovi clienti, come ti proponi e come li convinci, è molto simile a come potersi proporre e promuovere per il lavoro.
Il problema è che non è facile, perché quando si tratta di vendere sé stessi entrano in gioco tutti i fattori psicologici.
Come pensi che si sia evoluto il mercato del lavoro negli ultimi 10 anni in Italia?
Non è facile dare una risposta a questa domanda, anche se ci sono all’interno. I dati ufficiali possono dirci solo una minima parte di quello che succede di fatto.
In questi ultimi 5 anni abbiamo vissuto un momento di forte crisi in cui le aziende hanno ben pensato di ristrutturarsi e snellire le loro strutture, appoggiandosi sull’outsourcing (dare ad aziende esterne alcuni compiti secondari). Sono rimaste penalizzate le figure manageriali, i vertici hanno subito un bel po’ di rivoluzioni, mentre invece gli impiegati e i quadri hanno retto un po’ di più.
Il mercato sta cercando sempre di più figure specializzate, quindi ci sono o lavori di bassissima manovalanza (come l’addetta alle pulizie o panettiere), o figure specializzate sia nel ruolo che nel settore. Questo complica in Italia il passaggio da un ruolo all’altro e da un mercato all’altro.
È possibile possibile fare dei passaggi, ma bisogna avere consapevolezza che non sarà semplice: bisogna valorizzare le proprie caratteristiche che ci rendono appetibili per il nuovo settore. Altra cosa che bisogna fare è cercare di costruirsi un percorso graduale, di ragionare in un’ottica strategica e fare delle tappe per raggiungere il proprio obiettivo lavorativo.
Le aziende cercano più figure specializzate ma che abbiano tutte quelle competenze trasversali come la capacità di lavorare in gruppo o con clienti stranieri (quindi conoscenza delle lingue), utilizzo dei media… Quindi il mercato richiede questo mix di competenze verticali (la propria specializzazione) e trasversali (come inglese o informatica), e personali (iniziativa, capacità di relazione, ecc).
Questo chiaramente rende il tutto più complesso, perché se ci si specializza si possono perdere le competenze trasversali. D’altro canto se si resta troppo su figure generiche con scarse competenze tecniche, si diventa meno appetibili sul mercato.
Come pensi che si evolverà il mercato nei prossimi 10 anni?
I dati dicono che in Italia e nel mondi ci sarà sempre spazio per figure commerciali, questa è la figura che non morirà mai perché l’azienda deve piazzare i prodotti sul mercato. Insieme a questo ci sarà una crescita digitale sia di creazione di prodotti che di marketing online.
Poi ci si aspetta anche in Italia una crescita del settore green, che va dall’agricoltura al bio, fino all’energia pulita. Cresceranno anche le figure sanitarie, come quelle di assistenza alla persone. A partire dai medici, fino all’assistenza sociale. Questo perché sta crescendo l’età media della popolazione, e ci sarà sempre più bisogno dell’assistenza medica.
Altri settori che cresceranno saranno quelli della sicurezza informatica e informatica in generale, nel quale l’Italia sta cercando di recuperare rispetto al resto d’Europa, e la stampa 3D. Di contro subiranno una contrazione i settori che riguardano la carta stampata (come il postino), e gli operai generici che verranno sostituiti dalle macchine.
Su internet è pieno di consigli sulla ricerca del lavoro. Quali pensi che siano le false credenze più diffuse?
Il primo è pensare che curriculum e lettera di presentazione siano gli unici strumenti per cercare lavoro.
Che per carità, sono fondamentali perché permettono di ottimizzare la propria candidatura. Ma il curriculum non è uno strumento di assunzione, bensì di scarto: l’obiettivo è per le aziende quello di scartare i candidati palesemente non adatti in poco tempo grazie al CV.
Spesso ci si concentra solo su questo, in realtà nel curriculum bisogna anche sapersi valorizzare e mettere in evidenza quello che è importante per il datore. In questo senso a volte il rischio è di voler mettere tutto nel curriculum invece che pensare all’interlocutore e quello che cerca.
Io con i miei clienti lavoro per creare un curriculum personalizzato non dico per ogni annuncio, ma quanto meno per ciascun tipo di posizione diversa.
Si crede ancora nel curriculum europeo standardizzato, probabilmente perché c’è ancora qualcuno che lo chiede, però dobbiamo capire che il 90% dei selezionatori non lo apprezza perché è troppo lungo e non riesce a far capire le peculiarità della persona. Ci sarà sempre un 10% che lo cerca, però è una minoranza.
Un altro falso mito è credere che l’unico modo per essere assunti sia tramite agenzia o headhunter. Oggi ad esempio mi hanno chiesto: “ma sei tu una headhunter o ne conosci qualcuno?” Quindi si pensa di rivolgersi agli intermediari.
Che per carità, è un canale, però non ti puoi concentrare solo su questo e anzi è controproducente: diventa un imbuto dal quale non si esce. Perché tutti rispondono agli annunci, tutti cercano gli headhunter, e abbiamo meno possibilità di farci notare se facciamo tutti la stessa cosa. Invece la logica è quella di monitorare anche gli annunci, ma senza focalizzarsi solo su quello.
Ci sono molte persone che hanno perso ogni speranza, e non ne cercano più lavoro. Questo crea una spirale di frustrazione: prima inizio a selezionare gli annunci e curare le candidaature, vedendo che questo non ha riscontro mollo la presa e inizio a non curare più così tanto la presentazione e aprirmi a qualunque tipo di lavoro (che è una china pericolosa).
Visto che questo chiaramente non porta risultati mi deprimo e penso a cose come:
-
Non c’è più nessun lavoro.
-
Vengono assunti solo i raccomandati.
-
Ci sono solo annunci falsi.
-
Lascio perdere e non mi sforzo neppure.
Questo per i giovani porta ai così detti NEET (Not in Educatio, Employment, Training – Non a scuola, né al lavoro, né in formazione), persone che non cercano lavoro e non fanno formazione (quindi non fanno nulla). La strada da seguire è invece quella di cambiare l’approccio di cercare lavoro, definire un target e seguirlo pedissequamente.
Un’altra credenza è pensare che l’autocandidatura sia inutile. Le persone credono che chi cerca dipendenti metta l’annuncio, e se mi autocandido ho fatto un buco nell’acqua. Che è in parte vero: se non studi prima che cosa offrire e cosa offrirgli, stai lanciando una bottiglia con un messaggio nell’oceano. Se fai un’attività mirata e contatti aziende e società come potenziali partner, e cerchi un contatto diretto con loro, hai molte più possibilità che passando attraverso a un intermediario o aspettando che arrivi l’annuncio.
Come con gli obiettivi, si sovrastima quello che si può fare nel breve periodo (rispondere ad annunci di lavoro), ma si sottostima quello che si può fare nel lungo periodo (creando e coltivando contatti). Ci vuole un po’ più di tempo, ma dà sicuramente molti più risultati e soddisfazioni.
Oggi, qual è il miglior modo che ha un giovane di trovare un buon lavoro?
Dopo aver identificato quello che voglio e posso offrire sul mercato, i prossimi passi sono:
-
Andarsi a proporre direttamente.
-
Farsi notare (proporre contenuti di qualità nella propria specializzazione) attraverso Linkedin o un blog.
-
Sfruttare tutta la rete di contatti indiretti e diretti per ampliare la propria rete.
-
Non stare chiusi in casa di fronte al computer, ma frequentare persone e creare relazioni, perché è da qui che nascono le opportunità più frequenti.
Nei sondaggi che ho fatto, la maggior parte delle persone hanno trovato lavoro per passaparola, ma si crede che questo sia un sistema non replicabile. Invece va semplicemente ampliata la rete e va messo contenuto nel telefono senza fili.
Un buon punto per iniziare a mettersi in contatto con le aziende sono le fiere del lavoro (come quelle organizzate dall’università), ma ce ne sono molti altri. Dal web ai convegni: muoversi e attivarsi per creare contatti che si possono sfruttare in seguito.
Io credo molto nella propria attivazione, nel networking e nel potere delle relazioni e dei contatti. Il networking è di gran lunga il modo migliore di trovare lavoro, ma non sappiamo come farlo: devo chiamare tutti i miei amici e conoscenti e dire che sto cercando un lavoro? È chiaro che non è questo il modo. Invece coltivare contatti, dire quello che si è fatto in passato e proporsi con un obiettivo, ci aiuta.
Chiaramente se mi presento come dipendente generico il networking non funzionerà mai. Un conto è dire “sto cercando lavoro ma non trovo nulla, mi potete assumere?” e un altro è dire “sono esperto in X e mi occupo di Y”. Si fa un impatto diverso e si resta impressi, il datore si ricorderà di te quando avrà bisogno di una figura professionale come la tua.
Molti ormai hanno demistificato il curriculum, e lo capisco perché usato come strumento unico è pressoché inutile. Ma iviarlo dopo aver conosciuto una persona avrà un impatto diverso rispetto al mandare un curriculum anonimo e standard che non dice niente e viene sicuramente cestinato.
Quali sono i 3 aspetti più importanti di un curriculum?
Una sezione poco conosciuta è quella in cui si fa un riassunto del proprio profilo professionale. È un biglietto da visita nel quale dai subito una definizione di chi sei e quello che fai. Quindi dare subito una definizione più o meno specifica, ed è fondamentale.
Seconda cosa, inserire dove possibile (anche gli studenti) delle informazioni non tanto sul numero di esami sostenuti o l’elenco dei crediti, quanto sui progetti portati a termine durante la propria esperienza. Un progetto può dare informazioni maggiori rispetto a un banale elenco di esami o di attività generiche.
Per i giovani può essere interessante anche evidenziare i propri hobby e passioni, dando delle informazioni in più. Ad esempio: “frequento un circolo di lettori, vado in bici per 4 ore tutte le settimane”, perché dà informazioni maggiori sulla persona.
Se potessi dare un solo consiglio a qualcuno che sta per fare un colloquio di lavoro, quale sarebbe?
Pensare con la testa dell’intervistatore.
Molto spesso si va in ansia perché si pensa alla propria performance e ci si sente sotto giudizio, come se fosse un esame. Invece cambia la prospettiva se ci mettiamo nei panni del selezionatore, e cerchiamo di capire ciò che quella persona vuole. In questo modo le nostre risposte saranno mirate a quello, perché fra la miriade di informazioni che possiamo fornire dobbiamo capire quelle che servono a chi ci sta intervistando.
Ovviamente non è facile, ma se apriamo bene le orecchie, già dalle domande (o dal bando di lavoro) possiamo capire che cosa può essere utile all’azienda che ci sta cercando.
Mariangela, grazie delle preziose informazioni. Hai qualche commento finale?
Io non sarò mai una di quelle che dice che cerca lavoro è facile se sai come farlo: cercare lavoro è complesso, e ci mette in gioco soprattutto in questo periodo. Sia perché c’è molta concorrenza, sia perché il mercato del lavoro è molto ostico e richiede resilienza e perseveranza.
Però non è neanche impossibile. Quindi sfruttiamo questo momento per potenziare i nostri punti forti, per riconoscerli a noi stessi e darsi una botta di autostima, e lavorare sui nostri punti deboli e difficoltà nel presentarci e venderci.
Per trovarmi potete andare sul sito Coachlavoro.com, leggere tutti gli articoli (sono più di 200), le 2 guide sul curriculum e sulla lettera di presentazione scaricabili gratuitamente. E se vuoi, puoi sfruttare i servizi di coaching e consulenza che offro tramite il sito.
Lascia un commento